Indice:
Fioriture osservate
- Bugola – Ajuga reptans
- Ranuncoli – Ranunculus sp.
- Tarassaco – Taraxacum officinale
- Geranium sp.
- Trifoglio – Trifolium sp.
- Settembrine
Api e impollinazione
Fiori! Semplici e complessi
Fiori! Autoctoni e alloctoni





Api e impollinazione
Le angiosperme, quelle piante che producono fiori, sono le più diffuse al giorno d’oggi ed esistono da 125 milioni di anni. In questo periodo, esse si sono evolute assieme agli animali che li usavano.
Tra questi, le api, sebbene non siano gli unici, sono sicuramente i più conosciuti, loro sono obbligate, nutrendosi e preparando le scorte per il nido esclusivamente con polline e nettare. Il polline è la parte proteica della loro dieta e il nettare la parte zuccherina.
In questa pagina vi parlerò dei fiori e di come vedo le diverse specie di api interagire con essi. Inizio con una cosa che sto notando, i fiori preferiti sono quelli semplici e autoctoni.
Guardandosi attorno ci sia accorge subito di quante piante abbiamo importato e ormai siano naturalizzate, e pensando al contesto di globalizzazione in cui viviamo ritengo sia inutile far finta di vivere in mezzo alla natura cosiddetta incontaminata, quindi parlerò per forza di piante anche non autoctone. Piante che io avevo sempre visto e consideravo tali o comunque da tempi molto più lunghi di qualche generazione.
Ma partiamo dal fiore: la forma e il colore ci daranno subito un’idea di cosa stiamo osservando.
Fiori! Semplici e complessi
Cosa intendo per “fiori semplici””? Parlo di fiori con petali e strutture non troppo elaborate. Pprendiamo come esempio la rosa, un fiore che utilizziamo spesso e che rappresenta bene la nostra visione del regno vegetale.
Quando si pensa ad una rosa, molti immaginano la rosa rossa da mazzo. Tuttavia, questa varietà non esiste in natura ma è il risultato di selezioni e ibridazioni umane. Le api, infatti, percepiscono gli ultravioletti ma non il rosso. Un’eccezione è il papavero che appare rosso ai nostri occhi ma possiede segnalazioni ultraviolette per attirare gli insetti, segnali che noi non possiamo vedere.
Le rose che conosciamo oggi si dividono in due grandi categorie: moderne e antiche. Le rose moderne sono nate a partire dal 1867 quando si è iniziato a creare ibridi con caratteristiche molto varie: forme e colori diversi, dimensioni grandi o piccole e capacità di rifiorire più volte.


Un esempio di rosa selvatica autoctona nella nostra zona è la Rosa canina, molto comune e diffusa ovunque. Interessante notare quanto siano diverse queste rose selvatiche dalle varietà coltivate che troviamo nei nostri giardini.
Le rose moderne, in genere, non sono particolarmente adatte alle api. Tuttavia, possono risultare utili per alcuni coleotteri, e le api taglia foglie, (alcune specie di Megachile) potrebbero tagliare qualche foglia per chiudere i loro nidi.


Al contrario, il fiore della rosa canina, con i suoi petali semplici ed aperti è molto più accessibile. Questa rosa produce una sola, abbondante fioritura, che è molto apprezzata da diverse specie di api. Inoltre, rappresenta una risorsa preziosa per molti animali grazie alle sue bacche, e offre rifugio con le sue spine, arrampicandosi sugli alberi e creando un microambiente ricco di biodiversità.
Come la rosa, molti dei fiori presenti nei nostri giardini non appartengono alla flora spontanea del nostro territorio. Sto notando che i fiori preferiti dagli impollinatori sono quelli che si avvicinano maggiormente alle specie selvatiche autoctone. Un esempio sono le viole del pensiero un bellissimo fiore facile da tenere e a basso costo e ingombro anche su un balcone, che ci regala colore anche d’inverno ed è un’ottima sosta per le ultime e le prime api della stagione. Molto apprezzata da mellifere, bombi, api legnaiole tra le più grosse.


Fiori! Autoctoni e alloctoni
Questo è un tema particolarmente delicato, perché oggi è quasi impossibile osservare un ambiente naturale privo di influenze umane, soprattutto nelle zone di campagna e collina del nostro territorio. Ovunque, anche nel bosco, nel prato o nell’orto che consideriamo “normali”, troveremoc piantea alloctone, molte delle quali ben naturalizzate.
Per spiegare meglio questa interazione tra flora e ambiente, voglio utilizzare due esempi significativi:l’acacia e il pomodoro. Queste piante, sebbene molto diverse tra loro, mi permettono di affrontare due temi fondamentali che riguardano la relazione tra i fiori e gli impollinatori.


La Robinia pseudoacacia, comunemente chiamata aciacia, è una pianta molto interessante. È robusta, utile come legna e molto famosa per il miele che produce.
Originaria dell’America, si è diffusa rapidamente soprattutto dal dopoguerra. La sua capacità di colonizzare nuovi spazi, però, può creare forti squilibri ecologici, sottraendo spazio e risorse ad altre piante e organismi.
Uno degli aspetti più difficili della robinia è la sua gestione: è estremamente resiliente e, più la si taglia, più tende a ricrescere. Nonostante questo, la sua presenza è spesso apprezzata per i benefici che offre, ma è importante essere consapevoli del suo impatto sull’ambiente. La robinia modifica profondamente l’ecosistema, influendo su funghi, piante in competizione, insetti e altri animali.
Passando al miele di acacia, è uno dei più apprezzati. Grazie alla sua limpidezza e alla tendenza a non cristallizzare, è molto richiesto. Tuttavia, proprio questa caratteristica crea una sfida per gli apicoltori, che spesso devono spiegare perché altri tipi di miele tendono a cristallizzare più facilmente.
Come fioritura, la robinia è molto amata da insetti come i Bombus (bombi) e la Xylocopa (ape legnaiola), oltre probabilmente a molte altre specie. Tuttavia, con così tante piante mellifere in fiore nello stesso periodo, è facile notare soprattutto quelle più grandi.






Il Solanum lycopersicum, o pomodoro, è ormai un simbolo della cucina italiana, tanto che sembra essere sempre stato parte della nostra tradizione culinaria. È difficile immaginare una ricetta italiana senza pomodoro, e la vasta gamma di varietà disponibili ci fa pensare a una storia di lunghissima selezione. In realtà, non è così.
Originario dell’America Centrale e Meridionale, il pomodoro fu introdotto in Europa nel XVI secolo come curiosità ornamentale. Solo nel XIX secolo divenne un ingrediente fondamentale della cucina italiana. Essendo una pianta autofertile, si è potuto selezionare un’ampia gamma di varietà in tempi relativamente brevi, adattandola alle diverse esigenze culinarie e agricole.
Ho scelto il pomodoro come esempio perché, pur essendo una pianta alloctona, non rappresenta una minaccia invasiva come altre specie, ad esempio l’acacia. Il pomodoro è una pianta domestica: dipende dall’uomo per essere coltivata, anche se alcune piantine possono germogliare spontaneamente al momento giusto.
Eppure, questa pianta ha creato una relazione particolare con l’uomo. I suoi fiori, poco attrattivi per gli insetti, richiedono strategie specifiche per l’impollinazione, soprattutto nelle serre. Qui, l’utilizzo di bombi è diventato essenziale, dando vita a un mercato internazionale per queste specie. Tuttavia, ciò solleva domande sull’impatto ecologico, in un’epoca in cui sensibilità verso l’ambiente e gli animali è sempre più diffusa. Ironia della sorte, il pomodoro, spesso simbolo di un’alimentazione semplice e sostenibile, porta con sé un sistema complesso che lega la coltivazione agricola alla gestione degli impollinatori.